Guido Garufi è poeta e critico letterario. Ha fondato e diretto con Remo Pagnanelli la rivista “Verso”.
Le numerose raccolte di poesia che ha pubblicato sono tra loro connesse da quello che Mario Luzi ha definito “paziente lavoro unitario”. Fratelliè la sua raccolta più recente e di quel “paziente lavoro” è il vertice.
In Fratelli viene rappresentata dolorosamente una condizione umana ferita dall’esilio. E dalla solitudine che all’esilio si accompagna.
Come non capirlo? L’essere umano è prigioniero. È prigioniero di una terra arida e desertica. Qui pare smarrirsi ogni speranza. Eppure, ci dice Garufi, è proprio questo smarrimento che lascia intuire la vera dimensione della vita.
È proprio la sofferenza che fa riemergere la situazione emotiva della nostra origine, dove – sostiene Garufi – ancora vivono le ragioni del cuore, quelle ragioni che sanno cogliere il tema del dolore e nominarlo.
La spiaggia
(ai miei fratelli)
Penso a te, liberato nell’aria, sciolto e rarefatto
tra le nuvole del cielo e penso
ancora a quanto sia lieve per te, risorto,
il respiro e quanto ancora duri quaggiù l’affanno…
Se fosse così che dall’alto alitasse la vertigine
che dentro senti tu dolce amico o voce che esplori
la campagna e a volte siedi invisibile al mio fianco
quasi un tocco o un piccolo fiato che avverto
tra amicizia filiale e coro degli esclusi
mai assenti perché sempre qui ancora convocati
tra versi e non detti eppure forti, irrevocabili
e dolci presenze, nonostante il dolore
nonostante l’apparente lontananza.
Voci e lingue inquiete dell’infanzia
di questa strana maturità
sigillo tra profezia e amore.