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Channel: ANTEREM - Ranieri Teti
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Angela Greco, poesia inedita “Campo di grano con corvi”, nota di Ranieri Teti

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Potenza della poesia, quando è poesia d’autore.

Come nel caso di “Campo di grano con corvi” di Angela Greco, dove l’avan-testo dichiaratamente artistico cita significativi dettagli di due emblemi della pittura, molto diversi tra loro ma caratterizzati da una simile tensione interiore: Vincent Van Gogh e Edward Hopper.

Da questa premessa che ne costituisce l’inaudito sfondo poetico, Greco agisce nell’ambientazione inserendovi una struttura dialogica in versi, come se le figure, quasi appena disegnate, diventassero infine protagoniste in un’opera del tutto nuova, ricca di dettagli colti nel momento massimo della loro forza comunicativa.

L’accrescimento figurale, un uomo e una donna, determina nello stesso tempo l’approfondimento del senso, in un moltiplicarsi di scene e frasi nelle infinite riflessioni di opposti specchi, tracciando con disincanto le possibili declinazioni delle solitudini.

Il risultato ultimo sembra corrispondere alla scena finale di un film, con le immagini che passano dagli esterni di Van Gogh agli interni di Hopper, con i dialoghi come voci fuori campo, tra “una speranza in meno” e qualcosa che “non basta, non in questo momento”.

 

Campo di grano con corvi 

“Campo di grano con corvi”:
Vincent dalla sua finestra vede il giallo e l’azzurro
e segni neri e nevrili come solchi sul suo campo.
Col procedere delle stagioni gli amici si sono diradati
come accade ai fiori di pesco
(perché sia più remunerativo il raccolto).

“Il diluvio non è ancora finito. Dubito che finirà” - dice l’uomo
“Hai sempre una speranza in meno” - risponde la donna
(intanto il campo e i corvi sono sempre più materici)

“Questa pioggia non ha motivo di cessare.
E il corvo non muterà il suo colore al ritorno”

A bordo tela Vincent è fermo, ma non le sue mani:
gli ulivi sembrano attraversati da un vento preciso e pensa:
la creazione è ribellione al caos.

Appartamento in città. Mattinata di lavoro.
Il giallo dei tigli tenta di raggiungere l’azzurro.
La finestra aperta rivela un insolito novembre
e la strada brulica di cani al guinzaglio.

Fuori dal quadro Hopper è anche più infelice
perso nei toni freddi di solitudini alienanti
le sue creature hanno l’ultimo secolo nello sguardo.

“Eppure lei guarda verso il colore del cielo terso
ribatte a se stesso l’uomo
“Non basta. Non in questo momento.”

(Il copriletto sgualcito dice che lei è altrove
nel tentativo di afferrare il significato che sfugge)

Il corvo passa anche su questo cielo
stabilendo somiglianze.

 


Angela Grecoè nata nel maggio del ‘76 a Massafra (TA), dove vive con la famiglia.

Ha pubblicato:

- in prosa: Ritratto di ragazza allo specchio (racconti, Lupo Editore, 2008);

- in poesia: A sensi congiunti (Edizioni Smasher, 2012 di cui è in uscita la seconda edizione); Arabeschi incisi dal sole (Terra d’ulivi, 2013); Personale Eden (La Vita Felice, 2015 premiato con segnalazione al Premio Lorenzo Montano XXIX ed.); Attraversandomi (Limina Mentis, 2015, con ciclo fotografico realizzato con Giorgio Chiantini).

- Ha realizzato: Uscita d'emergenza (2014) e Generazione senza (2014), libri d'artista; Irrivelato segreto (2015), opera poetico-fotografica su alluminio; Messa a fuoco (2015), fotografia su legno, per la sensibilizzazione sul tema Ulivo di Puglia.

È ideatrice e curatrice del collettivo di poesia, arte e dintorni Il sasso nello stagno di AnGre (http://ilsassonellostagno.wordpress.com/); è presente in diverse antologie e su diversi siti e blog, tra cui Literary, La presenza di Èrato, Versante Ripido.


Giacomo Rossi Precerutti, da “Salvezza degli indugi”, Edizioni Ensemble, 2015, nota di Davide Campi

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C’è grande sapere formale nella poesia di Giacomo Rossi Precerutti: lo dicono la regolarità del verso, il minuzioso controllo del ritmo, la sintassi essenziale e il lessico raffinato.

Queste caratteristiche permettono di far emergere chiaramente il disincanto diffuso che si respira nel testo, attraverso parole dense, evocative, combinate in modo serrato.

La perizia nella costruzione del verso, la lineare musicalità di questo, fanno da contraltare allo sgretolamento del senso, agli spaesamenti cui il vivere induce.

Non si parla di lievi increspature di superficie o di piccoli disordini quotidiani portati alla luce, ma di abissi e voragini, tumulti di un respiro più ampio contenuti in “ogni mondo remoto”.

 

III.

Il tepore opaco dell’estate

filtra dalle bocche tese

della città, dalle mani pesanti

che straziano il suolo informe.

Naufraghi sulle stanche vie,

dimenticati i nomi e le forme,

soltanto il suono dei venti

ci soccorre, fragoroso.

 

Affrettiamoci ad aprire le maglie

sfregiate del pensiero, a zittire

il silenzio che odia ogni

bellezza; non è sbarrata

questa pagina, questa oscura

natura dei luoghi mortali.

La salvezza degli indugi

si spalanca, controluce.

 


 

Giacomo Rossi Preceruttiè nato a Torino nel 1988. Ha pubblicato presso Crocetti la plaquette Fuoco d’assenza (2006) e la silloge Sono io, quell’ombra (2010). Finalista con un inedito alla XXI edizione del “Montano”, è presente nelle antologie edite da Torino Poesia.

Emiliano Michelini, dalla raccolta inedita “Phanopoeia”, nota di Laura Caccia

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Tra realtà e iperrealtà

Sono le immagini, sfigurate, frammentate e sovrapposte in un’accumulazione verbale che ammassa scorie di materiali, impressioni sensoriali e mentali, a connotare la raccolta “Phanopoeia” di Emiliano Nichelini, con riferimento al loro irrompere nell’immaginazione visiva, che E.Pound, definendo con Phanopoeia uno dei tre principi dell’arte poetica, sperimentò nell’elaborazione di una poesia frantumata e vorticosa.

Sono immagini che l’autore addensa in sommovimenti di dettagli lasciati in sospeso, in un dire spesso privo di legami sintattici e interrotto da frequenti cesure: “patire il significato. bilanciando una messinscena sotto il cielo del corpo. al supplizio dei fiori.” e ancora: “stare sulle viscere scorticate. nella gola dire carne e laser. tra le mie braccia voi lo conoscevate. l'intero fracasso meglio. vento dell'alfabeto.”

E sono immagini colme di riferimenti personali, storici, cinematografici, dove il sé e il sociale, la realtà e l’iperrealtà si mescolano in uno squarcio scorticato della contemporaneità, “tra gli oggetti perturbati in lontananza dove / lo sguardo è a mani vuote / impigliato nel solco finale come falce / si fa sentire oltre il reale”.

Quasi sequenze filmiche spezzate e ricomposte senza nessi evidenti, tra inquadrature a campi diversi, “rapidissimi primi piani”, dettagli di figure e “labbra inopportune”.

Nel suo dire che trasforma la realtà e si trasforma, Emiliano Michelini sperimenta stili diversi, quali endecasillabi a rima incrociata, la prosa poetica, terzine, quartine, cinquine e versi liberi.

Come a rispecchiare, nelle frasi frammentate e nelle linee melodiche non coese, il caos personale e storico, che fa i conti con il senso di vuoto che pervade ogni cosa, come batte e ribatte l’autore, in ostinato, nel testo d’inizio: “la lingua batte sul verbo del vuoto / del vuoto ch'è vuoto nel vuoto del fuoco /… senso del nulla che sta sottovuoto / come maceria la lingua e il suo odore”. 

 

                                                                                                                                                                                                                                                                            ***

                                                                                                                                                                                                                             la lingua batte sul verbo del vuoto

del vuoto ch'è vuoto nel vuoto del fuoco

solo del verbo se piange d'un fioco

fiore a due petali nell'ultravuoto
 

senso comune nel vuoto remoto

vuoto di senso non un fuorigioco

no niente sarcasmo né videogioco

ma senso che è senso se è fiore di loto
 

ma no non manca di senso o memoria

e' solo smarrirsi al cuore del senso

ciò che conta qui non c'è controsenso

non c'è né follia né lezzo di gloria
 

borghese di rappresentanza è scoria

soltanto una scoria niente compenso

in moneta o in natura solo un denso

strepitio di clangori è la storia
 

tutta la storia è soltanto rumore

o anche terrore del nulla del vuoto

del vuoto di senso vuoto che a nuoto

nuota nel verbo financo al suo odore
 

lezzo di senso parola d'onore

lezzo e memoria d'un ruolo devoto

senso del nulla che sta sottovuoto

come maceria la lingua e il suo odore

***

una memoria della vita trascorsa, se è


la poesia ad averlo ridotto così. oppure è

il sonno ad averlo ridotto così.


dalla guancia risale il sangue in faccia,

l'interno dei lati, fatti bene.


ha una bocca tra parentesi.


labbra inopportune

 



Pubblicazioni di Emiliano Michelini:

piccola plaquette poetica inclusa nell'antologia "scorie contemporanee" (e-book edizioni la gru,
2007)

partecipazione con un testo poetico (“io non so se / per questa vita è meglio”)all'interno del volume
collettaneo "Calpestare l'oblio" (e-book 2010, poi cattedrale 2011)

primo libro organico di testi poetici "La circolazione del sangue" maggio 2013 (Sigismundus
editrice, Ascoli Piceno, 2013)

secondo libro organico di poesie "La luna vista dal mc donald's" in corso di stampa presso Oèdipus
Editrice (SA)

presente con alcuni testi poetici su riviste cartacee ed on-line dal 2005.

Ultima pagina: Autori presenti in “Carte nel vento”

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Sebastiano Aglieco, Alessio Alessandrini, Pietro Altieri, Angelo Andreotti, Marcello Angioni, Cristina Annino, Gian Maria Annovi, Lucianna Argentino, Davide Argnani, Giuseppe Armani, Alessandro Assiri, Daniela Attanasio, Dino Azzalin

Luigi Ballerini, Paola Ballerini, Maria Angela Bedini, Daniele Bellomi, Primerio Bellomo, Pietro Antonio Bernabei, Armando Bertollo, Giorgio Bona, Leonardo Bonetti, Doris Emilia Bragagnini, Silvia Bre, Alessandro Broggi, Roberto Bugliani, Antonio Bux

Laura Caccia, Rinaldo Caddeo, Nanni Cagnone, Maria Grazia Calandrone, Giovanni Campana, Mario Campanino, Enzo Campi, Giovanni Campi, Martina Campi, Emanuele Canzaniello, Maddalena Capalbi, Michele Cappetta, Allì Caracciolo, Alessandra Carnaroli, Lorenzo Carlucci, Peter Carravetta, Alberto Casadei, Mauro Caselli, Guido Caserza, Alessandro Catà, Alessandra Cava, Roberto Ceccarini, Giorgio Celli, Alessandro Ceni, Rossella Cerniglia, Viviane Ciampi, Laura Cingolani, Gaetano Ciao, Domenico Cipriano, Roberto Cogo, Osvaldo Coluccino, Tiziana Colusso, Silvia Comoglio, Federico Condello, Nicola Contegreco, Antonino Contiliano, Marina Corona, Marcella Corsi, Elena Corsino, Erika Crosara, Albino Crovetto, Lia Cucconi, Miguel Angel Cuevas, Vittorino Curci

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Marco Ercolani, Franco Falasca, Gabriela Fantato, Anna Maria Farabbi, Roberto Fassina, Silvia Favaretto, Francesco Fedele, Federico Federici, Annamaria Ferramosca, Paolo Ferrari, Aldo Ferraris, Luca Ferro, Paolo Fichera, Massimiliano Finazzer Flory, Rita Florit, Giovanni Fontana, Luigi Fontanella, Biancamaria Frabotta, Kiki Franceschi, Tiziano Fratus, Mario Fresa, Lucetta Frisa, Adelio Fusè

Gabriele Gabbia, Miro Gabriele, Tiziana Gabrielli, Marinella Galletti, Carmen Gallo, Gabriella Galzio, Paolo Gentiluomo, Mauro Germani, Alessandro Ghignoli, Gianluca Giachery, Lino Giarrusso, Andrea Gigli, Patrizia Gioia, Carolina Giorgi, Marco Giovenale, Alfredo Giuliani, Lorenzo Gobbi, Marcello Gombos, Llanos Gomez Menéndez, Giuseppe Gorlani, Alessandra Greco, Angela Greco, Cesare Greppi, Maria Grimaldi Gallinari, Giovanni Guanti, Ermanno Guantini, Vincenzo Guarracino, Mariangela Guàtteri, Gaia Gubbini, Gian Paolo Guerini, Stefano Guglielmin, Andrea Guiducci

Giovanni Infelìse, Maria Grazia Insinga, Carlo Invernizzi, Stefano Iori, Gilberto Isella

Ettore Labbate, Loredana Lacroix-Prete, Marica Larocchi, Vincenzo Lauria, Alfonso Lentini, Tommaso Lisa, Oronzo Liuzzi, Andrea Lorenzoni, Francesco Lorusso, Ghérasim Luca

Loredana Magazzeni, Marianna Marino, Francesco Marotta, Giulio Marzaioli, Stefano Massari, Mara Mattoscio, Luciano Mazziotta, Daniele Mencarelli, Manuel Micaletto, Emiliano Michelini, Francesca Monnetti, Daniela Monreale, Emidio Montini, Romano Morelli, Sandra Morero, Alberto Mori, Alessandro Morino, Renata Morresi, Gregorio Muzzì

 

Luigi Nacci, Giuseppe Nava, Stefania Negro, Davide Nota, Marco Nuzzo, Francesco Onìrige, Cosimo Ortesta

Luca Paci, Marco Pacioni, Alessandra Paganardi, Carla Paolini, Alice Pareyson, Angela Passarello, Giuseppe Pellegrino, Camillo Pennati, Gabriele Pepe, Roberto Perotti, Luisa Pianzola, Renzo Piccoli, Antonio Pietropaoli, Pietro Pisano, Stefano Piva, Gilda Policastro, Chiara Poltronieri, Giancarlo Pontiggia, Nicola Ponzio, Michele Porsia, Maria Pia Quintavalla

Jacopo Ramonda, Giuseppina Rando, Andrea Raos, Beppe Ratti, Luigi Reitani, Vittorio Ricci, Jacopo Ricciardi, Giuliano Rinaldini, Alfredo Riponi, Gianni Robusti, Marta Rodini, Cecilia Rofena, Andrea Rompianesi, Stefania Roncari, Silvia Rosa, Sofia Demetrula Rosati, Lia Rossi, Pierangela Rossi, Giacomo Rossi Precerutti, Greta Rosso, Enea Roversi, Paolo Ruffilli

Luca Sala, Tiziano Salari, Luca Salvatore, Rosa Salvia, Lisa Sammarco, Massimo Sannelli, Marco Saya, Viviana Scarinci, Antonio Scaturro, Evelina Schatz, Fabio Scotto, Massimo Scrignòli, Loredana Semantica, Luigi Severi, Ambra Simeone, Stefania Simeoni, Maurizio Solimine, Lucia Sollazzo, Marco Sonzogni, Pietro Spataro, Fausta Squatriti, Giancarlo Stoccoro, Maria Paola Svampa

Antonella Taravella, Gregorio Tenti, Italo Testa, Matilde Tobia, Maria Alessandra Tognato, Silvia Tripodi, Luigi Trucillo, Guido Turco, Giovanni Turra Zan

Liliana Ugolini, Tonino Vaan, Roberto Valentini, Camillo Valle, Sandro Varagnolo, Matteo Vercesi, Maria Luisa Vezzali, Ciro Vitiello, Simone Zafferani, Paola Zallio

Luglio 2017, anno XIV, numero 36

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ANTEREM
RIVISTA DI RICERCA LETTERARIA
 

esiti trentunesima edizione

La giuria del Premio Lorenzo Montano, composta da Giorgio Bonacini - Laura Caccia - Davide Campi - Mara Cini - Flavio Ermini - Marco Furia - Rosa Pierno - Ranieri Teti, è lieta di presentare gli esiti della XXXI edizione.

Le premiazioni di segnalati, finalisti e vincitori si terranno a Verona sabato 11 e sabato 18 novembre p.v. presso la Biblioteca Civica, nell’ambito del "Forum Anterem 2017" che si annuncia ricco di novità.

Opera edita

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Patrocinio: Associazione Anterem – Biblioteca Civica di Verona


Poeti premiati con Menzione

Cristian Luca Andrulli, Forti preludi, EDB Edizioni, 2015
Daniele Beghè, Galateo dell’abbandono, Edizioni Tapirulan, 2016
Lucia Boni, Lembi (e le sette chiese), La Carmelina Edizioni, 2016
Simona De Salvo, La camiceria brillante dei miei anni, Marco Saya Edizioni, 2016
Luigi Emanuele d’Isernia, Il percorso dell’anima, Carabba, 2016
Mariastella Eisenberg, Viaggi al fondo della notte, Oèdipus, 2015
Francesca Favaro, Di anime e stelle, Manni, 2016
Virginio Gracci, L’urlo di Munch e altre storie, Campanotto, 2015
Monica Guerra, Sotto Vuoto, Il Vicolo Editore – Graphie, 2016
Giulia Martini, Manuale d’Istruzioni, Albatros, 2015
Rosa Riggio, Il peso della neve, La Vita Felice, 2016
Marco Senesi, Post meridiem, Leonida Edizioni, 2016
Laura Tonelli, Compendio, Edizioni Helicon, 2016
Claudio Tugnoli, Or tutta la palude è come un fiore, Edizioni Il Monogramma, 2014 Nicola Vacca, Commedia ubriaca, Marco Saya Edizioni, 2017
Patrick Williamson, Beneficato, Samuele Editore, 2015

 

Poeti premiati con Menzione Speciale

Henry Ariemma, Aruspice nelle viscere, Giuliano Ladolfi Editore, 2016
Maddalena Bertolini, Corpus homini, puntoacapo, 2016
Antonino Contiliano, Futuro eretico, Fermenti, 2016
Federica Giordano, Utopia fuggiasca, Marco Saya Edizioni, 2016
Anna Laura Longo, Questo è il mese dei radiosi incarnati del suolo, Oèdipus, 2016
Domenica Mauri, Pensile, Nino Aragno Editore, 2017
Leda Palma, La precisione del faro, La Vita Felice, 2016
Alessandro Pancotti, Le iniziali, Lieto Colle, 2014 Simone Pansolin, Transfert, Autoproduzione, 2017
Camillo Sangiovanni, Casualmente, puntoacapo, 2017
Federico Scaramuccia, Canto del rivolgimento, Oèdipus, 2016
Lidia Sella, Strano virus il pensiero, La Vita Felice, 2016

 

Poeti premiati con Segnalazione

Dario Benzi, I frammenti, la musica, Cierre Grafica, 2016
Gabriella Cinti, Madre del respiro, Moretti & Vitali, 2017
Aurelia Delfino,Danze, Mimesis, 2016
Stefano Della Tommasina,Global, Oèdipus, 2017
Stelvio Di Spigno, Fermata del tempo, Marcos y Marcos, 2015
Zara Finzi, Escluso il ritorno, Manni, 2016
Kiki Franceschi,Non c’è tempo per il tempo, Edizioni Polistampa, 2016
Guido Garufi,Fratelli, Nino Aragno Editore, 2016
Anna Maria Giancarli, E cambia passo il tempo, Robin Edizioni, 2014
Gabriella Montanari,Si chiude da sé, Gilgamesh Edizioni, 2016
Antonio Pibiri, Chiaro di terra, L’arcolaio, 2016
Gilda Policastro,Esercizi di vita pratica, Edizioni Prufrock spa, 2017
Claudia Pozzana, Elisioni, Damocle, 2014
Jacopo Ricciardi, Sonetti reali, Iride, 2016
Gianni Ruscio,Interioranna, Algra Editore, 2017
Fausta Squatriti,Olio Santo, New Pres Edizioni, 2016
Liliana Ugolini,Appunti sul taccuino del tempo, Fermenti, 2016
Claudia Zironi, Fantasmi, spettri, schermi, avatar e altri sogni, Marco Saya Edizioni, 2016

 

Premio Speciale della Giuria

Pascal Gabellone, Qualche linea blu, qualche traccia di cenere, Ensemble, 2017
Nota critica di Ugo Fracassa, traduzione di Margherita Orsino

 

Poeti Finalisti

Nadia Agustoni, Racconto, Nino Aragno Editore, 2016
Maria Grazia Calandrone, Gli Scomparsi, Pordenonelegge & Lieto Colle, 2016
Giovanni Duminuco, La ferita distorta dell’agire, Formebrevi Edizioni, 2016
Valentino Fossati, Inverno, Carta Canta editore – CC<, 2016
Laura Liberale, La disponibilità della nostra carne, Oèdipus, 2017
Alberto Mori, Quasi Partita, Fara Editore, 2016
Daniele Poletti, Ottativo, Edizioni Prufrock spa, 2016

Una poesia inedita

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Una poesia inedita

Patrocinio: Prima Circoscrizione di Verona

 

Poeti premiati con Menzione

 

Valentina Albi, Luoghi all’acqua

Joseph Barnato, Agli editori che lo rifiutarono

Marco Boietti, La notte delle parole

Alessandro Campana, Senza titolo

Luigi Cannone, Pesa tra luci un chiuso d’ombra stretta

Alda Cicognani, Anima sottile

Maria Luisa Daniele Toffanin, Vagando fra sidera e desideri

Lino Giarrusso, Il cosmo scioglie enigmi

Costantino Loprete, Il mattino dei cactus

Rina Muscia, Solo tu resti

Eugenio Nastasi, L’altare di Issenheim

Franco Paone, Fatemi poiana dal bosco

Ivan Pozzoni, Il pollice imponibile

Massimo Viganò, Polittico dei bambini

 

 

Poeti premiati con Menzione Speciale

 

Primerio Bellomo, Nel bosco

Clemente Condello, Uscite di sicurezza

Anna Maria Dall’Olio, 61/16

Alceo De Sanctis, Al Serafino

Roberta De Thomasis, Dario Fo lo vedo lo sento

Patrizia Dughero, Traduzione dall’oblio

Giancarlo Fascendini, Il sesso il sasso nuvole

Adelio Fusé, Qui e intorno si slava un grigio di assenza

Fabia Ghenzovich, Puzzle

Sonia Giovannetti, Il silenzio della notte

Angelo Mocchetti, Agguati

Anna Maria Pes, Spleen sulla battigia

Renzo Piccoli, Distensione umana

Enea Roversi, Aesculus hippocastanum 

 

 

Poeti premiati con Segnalazione

 

Alessandro Assiri, Senza titolo

Dino Azzalin, Nulla dies sine linea

Roberto Fassina, Ippocrate

Paolo Ferrari, La poesia è

Angela Greco, Studi comparati

Michele Lamon, Reperto

Raffaele Marone, (Auto)ritratto nel nome

Alice Pareyson, Santificati Uffizi

Paola Parolin, Una vita

Gabriele Pepe, Metafisiche da passeggio

Giuseppina Rando, Luce altra

Marco Saya, Stanza bianca

Giuseppe Schembari, A conti fatti

Annarita Zacchi, Cantionum inventor 2

 

 

Poeti Finalisti

 

Maria Angela Bedini, Come la prima volta

Silvia Comoglio, Antimondo

Lia Cucconi, Tatuaggio

Franco Falasca, Le musiche

Marco Mioli, Poesia

Francesca Monnetti,  (F)orma

Massimo Rizza, da I corpi delle città

Una prosa inedita

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Patrocinio: Associazione Anterem – Biblioteca Civica di Verona

 

Autori premiati con Menzione

 

Giovanni Granatelli, Museo di guerra

Wilma Minotti Cerini, Il colloquio

Vincenzo Montuori, La necessità della poesia

Elena Parrini, Un’avventura fenomenologica nella Recherche di Proust

Carlo Tarabbia, Il dibattito di Valladolid: un momento decisivo

ai fini dell’evoluzione della civiltà

Pasqua Teora, Mater Maria

 

Autori premiati con Menzione Speciale

 

Luca Bolchi, Doppia canzone

Tino Di Cicco, Siamo quasi tutti confusi

Marinella Galletti, Lettura Adamo ed Eva nell’arte

Iria S. Gorran, Banshee

Roberto Morpurgo, Tre fantasie unanimi

Rossella Pretto, Erbarme dich

Eros Trevisan, Verde sasso di legno

 

Autori premiati con Segnalazione

 

Mario Benedetto, L’era in cui viviamo - Tra comunicazione tecnologica e comunicazione poetica

Riccardo Benzina, Collasso e apparizione

Rossella Cerniglia, Vicissitudini di Giovanni Drogo: l’attesa del sogno nella realtà

Danilo Di Matteo, Lucio Magri e i soggetti sociali

Ettore Fobo, Fetus la maschera

Attilio Marocchi, Il cavaliere e la luna. Colloqui

 

Autori Finalisti

Federico Federici, Diario di alcune ore della notte

Maria Pia Quintavalla, La tragedia di Augusta

Ambra Simeone, Bette Davis insegna


Una raccolta inedita

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Patrocinio: Comune di Verona - Biblioteca civica di Verona

 

Poeti premiati con Menzione

 

Stefano Allievi, Epica della normalità

Lea Barletti, 37 poesie e filastrocche

Esther Celiberti, Un viaggio

Sergio Cocucci, Introduzione

Lucia Gaddo Zanovello, Tràmiti

Gianfranco Galasso, Poesie

Anita Guarino, Della sperimentazione, della tristezza, della bellezza, del tormento, dell’io, della città, della semplicità

Roberta Ioli, Il confine dell’isola

Alessandro Rossi, Contorni

Giacomo Salvemini, Via Convertino 10

 

 

Poeti premiati con Menzione Speciale

 

Guido Cupani, Il tempo diseguale

Fernando Della Posta, Voltacielo

Giulio Maffii, Il fallimento del lutto

Luca Raoul Martini, Tra due stazioni

Ugo Mauthe, Minuziosa sopravvivenza

Loretta Mesiti, Geologhemi

Pietro Salmoiraghi, Viatico per l’altrove

Giancarlo Stoccoro, Incompiuti silenzi

 

 

Poeti premiati con Segnalazione

 

Doris Emilia Bragagnini, Claustrofonia

Fabrizio Bregoli, Optoclastie

Anna Maria Carpi, I rifugiati

Marilina Ciaco, Verbosinapsi

Morena Coppola, Sgorbie e Misericordie di Fratelli Elettrici

Lino Grimaldi, Filosofia e poetica

Francesca Ippoliti, I poteri

Emanuela Mariotto, Alzheimer

Silvia Rosa, Tempo di riserva

Roberto Valentini, La Passione

 

 

Poeti Finalisti

 

Enzo Campi, L’inarrivabile mosaico

Mauro Caselli, Zamejca

Vincenzo Lauria, Teatr/azioni

Paola Nasti, Cronache dell’Antiterra

Chiara & Loredana Prete, Orbitale

Aurelia Delfino, da “Danze”, Mimesis 2016, nota di Flavio Ermini

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Aurelia Delfino ha insegnato filosofia all’Università di Milano-Bicocca e all’Istituto Voltaire di Monza.

È ballerina e insegnante di danza creativa.

Il suo libro si chiama Danze e raccoglie testi che vanno dal 1993 al 2016. È edito da Mimesis.

Che cosa impariamo da Aurelia Delfino e dal suo libro?

Impariamo che tra chi scrive e chi danza ha luogo un moto di avvicinamento interminabile.

 

Quando corpo e parola si uniscono, danno vita all’esistenza umana. All’abitare umano.

 

E ciò non accade in cielo, ma sulla terra.

E ciò non accade in un giardino edenico, ma nel cantiere dei corpi.

 

Ecco cosa impariamo da Aurelia Delfino e dalla sua poesia.

Impariamo a pensare la vita come unità.

Unità di spazio letterario e respiro.

 

 

Da "Danze"

 

*** 


Mi fanno senza dubbio male i polmoni

o i bronchi, i bronchioli e gli alvei interstiziali

che saldano l’unità al portento

di una doppia respirazione

monotona e montante
 

Così quanto può intendere

la meraviglia della macchina

io aspiro, dall’eterno ciclo dell’avvenire

quel che è il suo semplice anticiparsi

 


*** 

 

E dominante

e sgorgata

di mezzo a un silenzio più grave

chiamare il nome perché giunga

corpo a corpo a sgolarsi

La presenza, l’assiduo, il dolore

non è sufficiente

si dovrebbe cominciare

con una trasfusione di peccati

 

*** 
 

Come cade

se non si spegne

il nuovo governo delle cose

arruolati pronomi e preposizioni

semplici

il tratto inombra dalla punta in giù

si sente fare giorno

 

***
 

Precessione

Quando al cadere degli eventi

equinozi e solsitizi sommati in un sol giorno

accade d’incontrare qualcuno

all’albore di poche parole

ritransita e volge l’inizio

della stessa stagione


 

Aurelia Delfino ha insegnato filosofia all’Università di Milano- Bicocca e all’Istituto Voltaire di Monza, è ballerina e insegnante di danza creativa, giornalista e mamma. Ha collaborato per anni con la casa editrice Mimesis. Tra le sue pubblicazioni: Il filosofo clandestino. Spinoza nei manoscritti proibiti del Settecento francese (Ghibli 2009), L’anima e la danza di Paul Valéry (a cura di, Mimesis 2014), Lettera al padre di Karl Marx (a cura di, Mimesis 2015).

Gabriella Cinti, da “Madre del respiro”, Moretti&Vitali 2016, nota di Flavio Ermini

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Gabriella Cinti è poeta e saggista.

Si occupa di filosofia del linguaggio, di antropologia, di archeologia delle lingue europee.

Il suo ultimo libro ha per titolo Madre del respiro ed è edito da Moretti&Vitali.

Tra queste pagine è evidente la volontà di Gabriella Cinti di affidarsi a un immaginario ancora memore del giardino edenico.

Qui, Gabriella Cinti aderisce all’accorante richiamo della parola aurorale, quella parola che ancora non subisce sopraffazioni da parte della nuda realtà delle cose.

Qui, vive la magia rivelatrice di ciò che è realmente ed essenzialmente iniziale.

Vive l’infanzia che l’essere umano continua ad avere dentro di sé.

Aprendo uno scenario che lascia trapelare l’occulta presenza del sacro.

Diciamolo chiaramente: la poesia in Madre del respiroè intesa come forza della vita. Come spazio che le macchine non possono soffocare.

 

Da "Madre del respiro"

 

***
 

Sonno d’acqua

Sonno d’acqua – dentro il tempio

sommerso nel segreto –

e le dita schiuse riposano la memoria.


 

Con altro sguardo scorgo

la danza sovrumana degli atomi,

il gesto cosmico all’alba del tempo,

il cristallo dell’istante.


 

Sto addossata alle pareti dell’Inizio,

combusta frontiera di nascenza

tra acqua e fuoco.


 

Aboliti i contorni.


 

Fantasia azzurra irida

il colore del varco notturno

nel saturnale confuso

propiziante il tutto vita.


 

Tra barbagli di agnizione

sei giunto, dall’alto del Gioco,

a leggermi le sfere dell’infinito.

 

*** 
 

Il canto dell’ombra

le parole a balzi stamattina,

assembrato esercito mite

a seguire lo slancio della luce.


 

Mi avvieni nella parola

e ti costruisco un corpo

di sillabe snodate.


 

Le tue giunture danzano nei miei suoni

e la notte riposi in un silenzio

di pacata armonia.


 

Cerco scampo dal rimbalzo nel vuoto

– il rischio della voce specchiata nel nulla –


 

e il tuo fantasma d’amore al mio fianco

concede la sua sola parola,

il volo nel vento a sfiorarmi le ciglia.


 

Il compasso d’acqua nella fontana

apre l’onda di te,

nata intorno al centro dell’inizio.


 

Da allora hai sempre mirato

al cuore del segno,

prima di nostra espansa diaspora.

 

Sei ormai mia lente per intendere

e parola delle tue parole,


 

pronuncio il tuo vuoto

e lo scaldo di nomi.


 

Così ti sottraggo al buio muto

che rapina la vita, tua prigione

di crisalide senza divenire.


 

Chissà se ti giunge il grido mio

quando tempesto lo spazio

interrogando i confini?


 

Solo nel vento inabissato

riuscirò a decifrare le sillabe perdute,

i raggi del tuo dire strappati alla notte,


 

per intonare con te

il canto alto dell’ombra.

 


Gabriella Cinti, nata a Jesi (An), laureata con il massimo dei voti in Lettere moderne presso l’Università di Studi di Genova. Da diversi anni si occupa di poesia, di letetratura, di filosofia del linguaggio, di antropologia, di archeologia delle lingue europee, di etimologia e in particolare di poesia greca antica- di cui è voce interpretante all’interno di varie manifestazioni musicali o performances teatrali.

Ha conseguito il Dottorato di Ricerca in Italianistica all’Università di Roma 2 Tor Vergata.

Tra le sue opere pubblicate:

La raccolta di poesie Suite per la parola Péquod Ancona 2008, (vincitrice del Premio Nabokov per la poesia 2008, terzo premio al Concorso letterario “Albero Andronico” (Roma), 2009 e menzione al Premio “L. Montano”). Euridice è Orfeo, Achille e la Tartaruga, Torino, 2016 (presentata in un evento al Salone del Libro di Torino, 2016), con recensione sul Corriere della Sera, inserto LA LETTURA, 31 dicembre 2016 e segnalata da Claudio Magris. Altra recensione sulla rivista letteraria “IL SEGNALE”, Milano, febbraio 2017. Premio della Giuria al Concorso letterario Cinque Terre- Golfo dei Poeti, ediz. 2017.

Il saggio: Il canto di Saffo-Musicalità e pensiero mitico nei lirici greci, Moretti e Vitali, Bergamo 2010 (prefazione del grande grecista e traduttore Angelo Tonelli). (Premio speciale Città di Cattolica 2012, secondo premio al Concorso letterario Cinque Terre-Golfo dei Poeti 2013 per la saggistica), recensito nell’aprile 2010 da Franco Manzoni, nelle pagine Cultura del Corriere della Sera e da Gianluca Bocchinfuso ne Il Segnale, 94, 2013.

Tra gli inediti, la poesia Euridice a Orfeo ha vinto il premio della Stampa, al Concorso di poesia “Città di Acqui Terme” nel 2012, e un’altra poesia, Viaggio verso l’uno, ha vinto il secondo premio dell’altra Giuria nel medesimo Concorso. La stessa poesia ha ottenuto il Primo premio al Concorso Rodolfo ValentinoSogni ad occhi aperti, edizione 2013.

Per l’autunno 2017 è prevista l’uscita del saggio Dioniso, dio del labirinto, rielaborazione dalla sua tesi di Dottorato.

Autrice anche di articoli saggistici per riviste specializzate cartacee e on line (fra queste ricordiamo Mosaico edita a Rio de Janeiro dalle Università brasiliane, 2014), ha ottenuto con i suoi lavori numerosi premi e riconoscimenti.

Zara Finzi, da “Escluso il ritorno”, Manni 2016, nota di Flavio Ermini

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Zara Finzi ha studiato Filosofia Estetica e si è laureata con la guida di Luciano Anceschi.

È docente di materie letterarie negli Istituti superiori.

Escluso il ritornoè la sua ottava raccolta poetica. Una prova di grande maturità.

In questa opera, Zara Finzi ci parla delle cose che sono state e non saranno più.

Ma – attenzione – senza mai separarle dalle cose che non sono ancora e sono destinate ad apparire.

 

È così che la malinconia si unisce alla speranza.

È così che la nostalgia si sposa con l’attesa.

 

Non dobbiamo diventare prigionieri del tempo cronologico, del tempo della clessidra.

 

Dobbiamo al contrario affidarci al tempo interiore, quello che scorre in ciascuno di noi.

Questo impone Zara Finzi.

 

Dobbiamo riappropriarci del tempo e dare inizio a una temporalità poetica, abbandonarci al suo potere creativo.

 

Affidarci a un eterno presente che non prevede vecchiaia.

 

 

Dalla sezione "Escluso il ritorno"

 

 

Frontiera

 

dove nessuno dice

“patria”, dove

non è più prima

e non ancora, se

sarà, futuro

 

dove la parola

che la predica

indefinitamente ne

ripete il limite estremo

 

***

 

è però il tempo

delle apparizioni minime

e massime. così

tutto si tiene tutto

 

ha un fascino abbagliante.

 

se vedi

nella musica il “si”

contiene e supera

quel “no” che pure

la pervade

 

 

Dalla sezione "Esercizio di memoria"

 

***

 

si espande e accelera

il ricordo come l’universo.

 

si apre a spirale dove è sempre più

facile cadere

 

***

 

uscire dal contesto – non sapere di cosa parlano –

non sapere perché sei lì – attimo dopo la preaneste-

sia – domanda sulla presenza – estraniamento –

troppo sfumati i contorni – mancanza di identità –

esonero dal vivere – da qualche parte – senza im-

portanza – colori stanchi – nessuna risposta – al-

trove – oltremodo – oltremare – ancora vita

 

 

Dalla sezione "Davanti a noi"

 

***

 

il meno e il più, la radice di

due e il due, un palloncino destinato

presto a fare pum.

non è quello che perdi ma quello che

di te è perso con lui

 

 

Zara Finzi, insegnante, è nata a Mantova e vive a Bologna.

Oltre a due plaquette con Pulcinoelefante, ha pubblicato Gemente seflente (con introduzione di Ezio Raimondi, 2001), Il trimestre mancante (2005), Compensazioni (2011) e, con l’editore Manni, La porta della notte (2008) e Per gentile concessione (2012). Nel 2014 è uscito il romanzo Verso il giardino, edito da CFR.

Claudia Zironi, da “Fantasmi, spettri, schermi, avatar e altri sogni”, Marco Saya Edizioni 2016, nota di Flavio Ermini

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Claudia Zironi, poeta, è laureata in Storia orientale e vive a Bologna.

Il libro per il quale è stata segnalata al Montano – a questa trentunesima edizione – è edito da Marco Saya e ha per titolo:

fantasmi, spettri, schermi, avatar e altri sogni

L’invito che Claudia Zironi ci rivolge è questo:

lasciare il mondo ingannevole delle illusioni – costituito dalle figure evocate dal titolo – e abbracciare la propria essenza.

Ovvero: abbracciare ciò che fa di un essere umano un essere umano vero.

Il nostro mondo è un mondo illusorio e il nostro compito è proprio quello di liberarci dalle illusioni e dalle loro ingannevoli apparenze.

E ridiscendere nelle viscere della terra.

Tutto ciò che noi conosciamo giorno per giorno – alla luce abbagliante del giorno – è il già-disvelato. È il non-vero.

Il vero – registra Claudia Zironi – si trova là dove persiste oscurità.

Là, dove le tenebre sono più fitte, dove solo la parola poetica può dire qualcosa di sensato.

 

 

Dalla sezione I, Il fantasma

 

nemmeno un nome ho perduto

di quanti sono andati

li sussurro ogni notte per te

che non li hai conosciuti

e tu li vedi intorno

stanno tutti lì

in piedi, guardandoti curiosi

di come io possa

chiamarti un segreto

 

 

Dalla sezioneII, Fantasmi: la poesia

 

non senti il profumo della carta

nuova, della musica, del vetro?

ti scaglio contro una ribelle foglia

rossa

ti chiamo tutta la poesia del mondo

 

 

Dalla sezioneIII, Fantasmi, l’amante

 

almeno l’essere alberi, almeno

mancare di colore, risplendere di luglio

avvinghiati nella terra come forme

giovani d’argilla, riconoscersi nel vero

profondo accordo interno delle fronde.

almeno uno stormire unisono di corpi

duri e dolci, protesi al vento, almeno

una vegetale essenza, una lunga vite

di agili colline.

 

 

Dalla sezioneIV, Lo spettro

 

padri nostri che state in terra

non vi perdoneremo il seme

non avremo compassione

che di noi stessi, per gli specchi

che a vostra immagine

avete generato. dalla terra

apprenderemo un abbraccio

quando dei vermi sapremo

la regola dell’esistenza.

dateci oggi un gesto insano

a chi è terra nel silenzio

mentre tutto ride, intorno.

 


Claudia Zironiè nata a Bologna, dove vive, il 26 marzo 1964. E’ laureata all’Universita’ di Bologna in Storia Orientale, ha conseguito un Master in gestione d’impresa. Ha pubblicato il primo libro di poesie “Il tempo dell’esistenza” con Marco Saya Edizioni nel novembre 2012. Paolo Polvani ha fornito la prefazione. Il secondo "Eros e polis - di quella volta che sono stata Dio nella mia pancia", illustrato da Alberto Cini, edito con Terra d'ulivi Ed. ha visto la luce nel luglio del 2014. La prefazione è di Daniele Barbieri e la postfazione di Giorgio Linguaglossa. “Eros and polis” è uscito nel 2016 anche negli USA con le edizioni Xenos Books / Chelsea in traduzione di Emanuel Di Pasquale, prefazione di John Taylor, quarta di copertina di Alfredo De Palchi.

Nel 2016 con Marco Saya Edizioni è stato pubblicato il terzo libro: “Fantasmi, spettri, schermi, avatar e altri sogni” con prefazione di Francesca Del Moro e postfazione di Vladimir D’Amora.

Sue poesie o notizie sono apparse su riviste, siti internet e antologie. Con editi e inediti dal 2013 al 2016 si è posizionata in finale o menzionata / segnalata in vari concorsi di poesia.

Nel 2014 ha fatto parte dello staff organizzativo di Bologna in lettere. Dal 2013 al 2016 è stata artisticamente legata al Gruppo 77 di Bologna con la direzione di Alessandro Dall’Olio. Collabora con varie associazioni rivolte alla diffusione culturale e al sociale come Civico32 e Le voci della luna. E’ fondatrice, dal 2012 attiva nella direzione e nella redazione insieme a Paolo Polvani ed Emanuela Rambaldi, della fanzine on-line rivolta ai lettori Versante Ripido per la diffusione della poesia www.versanteripido.it

Attilio Marocchi, Una prosa inedita, “Il cavaliere e la luna”, nota di Davide Campi

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Cap 5
Fruscio

 

Il Cavaliere è quasi saggio. Sui propri pensieri. Sulla propria volontà. Stranamente.

E la luna è tante lune, ma ha voluto una sola avventura, una a luce piena.

Ed il Cavaliere di nuovo inventa mille storie. Per ascendere direttamente una enorme strada nello splendore!

"Potendo mai uno splendore raccogliere terre, e silenzi, e rumori, vastità, e piccolezze?"

Il Cavaliere come sempre è seduto di fronte alla notte; ed ancora, è come se andasse contro i mulini a vento, e le chimere. Ignorando le colonne di Ercole, e le maree, e le avversità, e le astuzie; ignorando ciò che non sia un salire di un amore di erbe, od il venire di immensità.

"La stessa cosa, se mai risolve?"

Il Cavaliere è incantato. Ha pensato. E mai un singolo momento si è fermato e si è concretato. E mai, in una veggenza, è stato certo di un assoluto.

Vive ora il Cavaliere in un amore ... di una luna, forse per sempre sconosciuta.

Il Cavaliere.
La luna ... Una entità, due entità, molte illusioni, innumerevoli speranze.
li Cavaliere sta attorno alle idee, quasi divine. In silenzio. E la luna va percorsi di orbite, belle e stregate. La luna cercando ciò che mai si lasci avvicinare, rimanendo così vezzosa in modo
impareggiabile!

"Andando sempre poi, ciò che va, oltre i propri sogni? "

Va la luce; in un fruscio.

Si attarda l'occulto, in ciò che non si appalesa.

E tuttavia mai la luce è certa di vincere ... oltre i colori, le tenebre .... il succedersi. A sapere di essere comunque a lato, in un cerchio, a sapere di non essere il fulcro .... non la magia.

 

*** 

Nella prosa di Attilio Marocchi sono inseriti, in modo esplicito o sottinteso, tutti i canoni
della narrazione epica cavalleresca.

C’è il Cavaliere con la sua dirittura morale, il suo rispettoso senso estetico, le grandi imprese
e le nobili gesta del suo passato, c’è infine l’amore cortese, con i suoi simbolismi e con i suoi
corollari di irraggiungibilità e incompiutezza.

Il Cavaliere è vecchio e stanco, vicino alla fine. Si muove in un paesaggio vagamente
naturale, percepito in modo quasi onirico, descritto a sprazzi incompleti o per allusione. Si
presume che il Cavaliere lo percorra lentamente, quasi in trance, costantemente rivolto
all’oggetto del suo desiderio, alla luna, sempre incantato e abbagliato.

Alla luna si rivolge con i suoi sentimenti, le sue fantasticherie, le sue storie e i suoi rimpianti,
a lei palesa i suoi paesaggi interiori e i suoi desideri, a lei pone, insistentemente, le sue
domande, a volte futili, a volte esistenziali, più spesso funzionali ad esplicite forme di
corteggiamento letterario.

La luna, pure sempre rivolta al Cavaliere, è nel suo cielo infinitamente distante. Anche lei si
dichiara, si promette, anche lei, parallelamente pone domande. Ma dall’alto della sua luce e
della sua immortalità.

Le risposte, per entrambi, non arrivano mai, negate dall’abissale differenza di nascita, dalla
distanza di prospettive tra il Cavaliere morente e la luna eterna. Così nessun discorso finisce
veramente, nessun cerchio si chiude, la storia continua.

Ettore Fobo, una prosa inedita, “Fetus la maschera”, nota di Davide Campi

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“…e maschera è ciò che dà la visuale sul mondo, su sè stessi, il proprio occhio profondo”.

Ettore Fobo definisce la maschera come il punto, ma soprattutto come atto,

in parte volontario, di congiunzione fra il sé e l’altro, fra il sé e il mondo.

Nella sua parte volontaria, la maschera equilibra il bisogno di riconoscersi in strutture razionali,

complete e moralmente accettabili con la sua tendenza a riconoscere e normalizzare il caos, il disordine,

la mancanza di un centro che caratterizza sia l’espressione concitata del proprio essere individuale,

sia la valanga dei segnali provenienti dal mondo.

Qui l’autore porta alla luce la doppia vita della maschera, che interviene deformando in modo non lineare,

in misura variabile, con esiti incontrollabili, sia l’espressione del sé verso l‘esterno, sia tutta la percezione dell’altro da sé.

Parallelamente il testo si piega, si contrae, si frattura e si ricompone, seguendo le tracce di questa deformazione.

Fobo utilizza una lingua di silenzi e improvvise e quasi ridondanti accelerazioni, dove convivono brevi atti dal respiro poetico,

narrazioni stupefatte di eccessi percettivi, spunti filosofici e impietose fotografie di qualche dimesso brano di realtà.

Così la maschera con le sue visuali/visioni diventa punto d’osservazione privilegiato, naturalmente autonomo.


 

Fetus la maschera

 

I

In fondo è sempre una questione di codice, laddove per codice io intendo la maschera e maschera è ciò che dà la visuale sul mondo, su sé stessi, il proprio occhio profondo. Ho detto visuale, ma avrei dovuto scrivere visione. Come il poeta di haiku che si sogna farfalla, e dice:

Ma sempre incombe sulle nostre farfalle filo spinato elettrificato.”

E

Ho visto una rondine dibattersi fra i rovi straziata, nell’indifferenza cieca della strada.”

 

II

Questa è realtà, la struttura delle cose, noi come cani di paglia gettati nel fuoco, alla fine di una cerimonia in cui ci sentivamo sacri.

È la dispersione il segreto della struttura, una struttura esiste per disperdersi, vale a dire: tutto ciò che è cristallizzato si rompe. Il codice no, il codice-maschera è già un’interazione fra sé e l’altro.

Ma quando dico struttura, dico bramosia dell’unità, quando dico maschera, dico che la miriade degli esseri è una mia sintesi ipotetica, amo il caos in ogni sua non forma. Non possono vietarmi di essere anche il negativo di me stesso.

Io, l’altro ... la maschera è il punto di congiunzione, tutte le galassie occhieggiano con la loro meravigliosa mancanza d’unità, di centro.

Come il poeta beat che disperde il suo fiato nel vento, che urla su tutti i tetti: “Catastrofica è la notte ma io grido la mia felicità conto un cielo divino troppo sprofondato e m’inchino al ghigno strafottente del sassofono”. Ha indossato la maschera del cherubino angelico, perché le sue voglie erano troppo demoniache: dicono che così le abbia placate.

 

III

Tutta la carne sigillata in un’epopea di facce pitturate, danze dissennate per via dell’oppio,”voglio vomitare“ gridato alla mattina in faccia alla metropolitana ”Benvenuti in Patologia” e poi pensare che tutto sommato sottoterra sia proprio da formichine demoniache. Si rimanda la realtà a data da destinarsi, ma questo non è un sogno, sognare è da stupidi, questa è la nostra primitiva destrutturazione, articolata in paesaggio interiore in cui specchiarsi. È l’eco della parola oblio, che tu cerchi? Per indossare facce più definitive, immateriali, come tutto ciò che è stato Feto.

Privo di volto, privo di essere, senza sostanza, fuggevole e fuori dal tempo, in una parola, eterno.

Ecco l’ultima maschera, l’atman, il sé atomico, il multi verso e l’anello degli anelli. L’innocenza del silenzio e del divenire. Domani potrebbe essere già il sogno di un’altra maschera, indossare l’altro, il dio, l’alieno, il lontanissimo dentro lo stellato.

Ma poi torna la realtà, con il suo grugno di Arimane, con la sua strutturazione sociale, gabbia della Verità, volto nudo al sole senza amore. Allora fingo di essere un serpente per sgusciare oltre tutte le sue classificazioni. È come non fossi nato, un’ipotesi di materia pulsante soltanto e allora anche la morte è una finzione.

Io sono qui, se perdessi le maschere, questa nozione mi ucciderebbe, ciò che ho creato qualcuno lo chiama me stesso. Io non posso che vedermi traslato, nell’antichità dello specchio.

 


Ettore Foboè nato a Milano nel 1976. Ha pubblicato tre libri di poesia con Kipple Officina Libraria: “La Maya dei notturni “(2006), “Sotto una luna in polvere” (2010), “Dia rio di Casoli” (2015). Alcune sue poesie sono apparse in diverse ant ologie fra le quali “SuperNeX T” (Kipple Officina Lib raria, 2011). Dal 2008 gestisce un blog di letteratura, “Strani giorni “(www.ettorefobo.it). Collabora con la rivista multilingue “Orizont literar co ntemporan” e con il portale di critica letteraria e dello spettacolo “Lankenauta”. Una sua silloge, “Musiche per l’oblio”, è stata tradotta in romeno, in francese e in inglese.


Galleria fotografica di sabato 11 novembre: immagini di Francesca Bertocco

Ultima pagina: Massimo Girelli, dalla recente esposizione “Colourless”, con una nota di Consuelo Tosi

Francesca Monnetti, una poesia inedita, “(F)orma”, nota di Marco Furia

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Forma come possibilità

“(F)orma”, di Francesca Monnetti, è un vero e proprio poemetto le cui diverse direttrici, pur restando distinte, convivono e s’intersecano.

 

È presente il deserto, con la sua sabbia e le sue dune, ma non mancano riferimenti a città, a centri commerciali e, perfino, alla circolazione stradale (“aiuole spartitraffico)”: il tutto secondo cadenze brevi e sospese.

 

Sospese non soltanto per via degli abbondanti puntini (cito, a questo proposito:

“… volta … scorcio … cornice … squarcio

… ponte …poliedro … totem …

… monolite …anello … obelisco …),

ma, soprattutto, per via di un tono tendente a richiamare quello che non c’è.

 

Siamo al cospetto di una propensione allusiva presente ovunque, per esempio nelle sequenze:

“all’origine di ogni mio gesto

in ogni mio operare

confido in un trasalimento”

e

“Il carattere sinuoso

e la complessità  delle forme

indicano ovunque

una combinazione di venti”.

 

Qualcuno potrebbe chiedersi: ciò che è evocato esiste o, almeno, potrebbe esistere?

In altre parole: la poetessa si riferisce a qualcosa di concreto?

Domanda inopportuna: il poemetto tende a mostrare un’immensità vivida e non circoscritta, sicché sarebbe davvero poco consono impegnarsi in ricerche riguardanti realtà esterne intese quali definite fisionomie.

 

Certo, il lettore è libero d’immaginare specifici aspetti e argomenti, nondimeno credo sia atteggiamento più appropriato lasciarsi coinvolgere, respirare quest’aria poetica, entrare a far parte, senza riserve, di un’atmosfera intensa e ricca di fascino.

 

La forma, per Francesca, è il presentarsi d’infinite possibilità?

Non ho dubbi in proposito.

 

 

Da "D’attacco"

 

Per lunghe distanze il vento

assume e trasporta rocce

in minuti frammenti

 

…reciproca consunzione

di particelle

soggette al trasporto

 

Materiali minutissimi

in sospensione…

 

…del tutto incapaci

di produrre l’attacco

 

 

In assenza di vegetazione

l’abbondanza di sabbia

e il forte vento

creano alveoli

 

…vere e proprie solcature…

 

Il trasporto di particelle

operato dal vento

incide e smeriglia

 

…nicchie di distacco…

 

 

Sollevata da un vortice

la particella ricade…

 

…delinea una traiettoria orbitale

risultante dalla forza del vento

e dalla forza di gravità

 

Tanto più la particella è piccola

tanto più lentamente…ricadrà

al suolo

 

A seconda della stabilità

della elasticità del granello

su cui cade…rimbalza

più o meno lontano

 

…il movimento…poi

riparte da capo…

 

(…)

 


Francesca Monnetti è nata a Firenze dove ha compiuto studi in ambito filosofico-morale. La sua prima raccolta, “in-solite movenze”, finalista al “Montano” 2008, è stata pubblicata da Cierre Grafica l’anno seguente. Una sua silloge inedita ha vinto la IV edizione del Premio Sergio De Risio nel 2010. La sua poesia è stata presentata nel sito blanc de ta nuque da Stefano Guglielmin. Una selezione di suoi testi poetici inediti è uscita on-line su “Arcipelago Itaca”.

Alberto Mori, da "Quasi partita", Fara Editore 2016, nota di Rosa Pierno

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Se una partita di tennis consta soprattutto del suo percorso temporale, di cui il punteggio o la vittoria sono solo gli esiti finali, il suo iter si svolge, allora, entro l'indecidibilità o meglio l'iter è il regno assoluto di ciò che accadrà e che non si conosce in anticipo. È un momento nel quale non si può decidere che continuare a giocare, ma anche il modo non passa che per una constatazione del fatto, la traiettoria della palla, quasi fato. Lo scopo che Alberto Mori insegue, in questa difficoltosissima partita, davvero vinta, è appunto quello di dare voce a questa insolubile condizione del presente, che si determina esclusivamente attimo dopo attimo. Le parole usate da Mori sono del tutto eloquenti in proposito: un varco oltre che sguarnito è ‘incompreso’, la piega dei muscoli è appena ‘taciuta’, un impatto è ‘assordato’ e la parità giunge ‘scoscesa’. La "quasi partita" è partita linguistica, dove anche nel dialogo, nonostante vi giochino le regole della sintassi, esistono insondabilità che giocano tutte a favore del poetico, ma, appunto, sorprendenti.

 

#5

 

***

Affanno a parti invertite

Rapporto avverso

Prossimo al rovesciamento

dove preme assoluto recupero

 

***

Ora possibili punti stringono assidui

Sempre addentro continuano la serie

 

***

Dialogo interlocutorio

Poi la chiamata ferma

Oltrepassa la risposta

Immette lo stigma al controllo perduto


Alberto Mori, poeta performer e artista, sperimenta una personale attività di ricerca nella poesia, utilizzando di volta in volta altre forme d’arte e di comunicazione: dalla poesia sonora e visiva, alla performance, dall’installazione al video ed alla fotografia. La produzione video e performativa è consultabile on line sulla pagina YouTube e Vimeo dell’autore e nell’archivio multimediale dell’ Associazione Careof / Organization for Contemporary Art di Milano.Collabora inoltre,con molti fra i più noti poeti contemporanei, italiani e stranieri, per la realizzazione di letture pubbliche, manifestazioni ed eventi dedicati alla poesia.Negli ultimi anni più volte finalista del premio di poesia “ L.Montano” della rivista Anterem di Verona. Dal 1986 ha all’attivo numerose pubblicazioni, tra le quali ricordiamo Iperpoesie (1997), Cellule (2001), Raccordanze (2004), Utópos (2005), Bar (2006), Raccolta (2008), Fashion (2009), Objects (2010), Financial (2011), Performate (2011) Piano (2012), Meteo tempi (2014), Direzioni (2017).

Paola Nasti, dalla raccolta inedita “Cronache dell’antiterra”, nota di Giorgio Bonacini

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Con questa raccolta Paola Nasti ci porta in un mondo altro: atopico, ulteriore, postumo, ma anche in una metafora poetica dove la disgregazione, attraverso una scrittura di notevole capacità visiva e visionaria, sembra muoversi ai fondamenti di una nuova creazione. Ma questo mondo di disappartenenza, sembra non avere solidità e gli esseri che la abitano sono divisi, anche frantumati, o ancor più sciolti dentro e fuori, tra odio e non amore. Al centro la nostalgia delle origini. Non una nostalgia ingenuamente intesa come ritorno a ciò che non c'è più, ma riassunta in un rito di finzione verosimile, vissuto nello sguardo di una natura virtuale. Tutto e tutti sono senza corrispondenza e senza rispondenza, e la poesia dell'autrice si incarica di dirlo con la precisione delle parole dove “cucite le rime/niente più bacia”.

 

***

sotto le coltri soffici seguivamo il trascorrere delle stagioni, le foglie

erano le stesse, non cambiava quel senso di sconforto

quando qualcosa cessava - fosse un sogno o una vita
 

nessuno si poneva le domande

che oggi irrompono e ci spezzano i vetri
 

i giorni passavano lenti e senza noia, noi

con gli occhi bene aperti a guardare fuori
 

da lontano perlustravamo i perimetri dei continenti

ne seguivamo il contorno con il dito

cercando di essere attenti

ad ogni insenatura di costa, alle faglie che da quaggiù

si vedono anche ad occhio nudo
 

non speravamo di essere lontani
 

non c’era sogno che potesse distoglierci

dal contemplare quell’orizzonte buio, il suo sfumare lieve

nel punto di sutura tra terra e cielo


 

***

per le barche non c’è approdo
 

disse
 

per i natanti non c’è gomena che tenga, le ancore

non possono saldarvi, disse, ad alcun fondo
 

resta il fluttuare, il girovago moto intorno al pianeta
 

la richiesta inevasa di un porto, il grido per ottenere
 

il grido per non perdersi del tutto
 

così disse


Paola Nastiè nata a Napoli nel 1965, dove vive e insegna filosofia nei licei. E’ redattrice della rivista di poesia Levania. I suoi testi – poesie e racconti - sono pubblicati in antologie, riviste e blog.

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